SA8000 - Social Accountability 8000

Negli anni Novanta, l’opinione pubblica è stata profondamente colpita dalla notizia che alcune multinazionali utilizzavano manodopera minorile per la fabbricazione dei loro prodotti, in particolare, giocattoli, articoli sportivi e capi d’abbigliamento. Quasi tutte le aziende coinvolte hanno avuto non solo sensibili perdite finanziarie, ma anche notevoli cadute d’immagine e sono state costrette ad adottare velocemente provvedimenti in merito. Tra le nazioni più danneggiate, gli USA, che hanno prodotto, dunque, un sistema di certificazione per garantire il comportamento etico delle imprese. All’interno del Council of Economic Priorities, CEP, organizzazione di ricerca sui comportamenti sociali ed ambientali delle imprese, è stato costituito il Council on Economic Priorities Accreditation Agency, CEPAA, trasformato poi nel Social Accountability International, SAI, che si è impegnato ad individuare linee di comportamento per impedire il ripetersi del fenomeno.

Nel 1998, quindi, nasce Social Accountability 8000, SA8000 , per sviluppare uno standard etico e promuoverne, poi, la conoscenza, la comprensione e l'attuazione. Costituisce uno strumento di benchmarking, cioè di misurazione, che permette di verificare l’eticità dei beni che utilizzano input produttivi provenienti dai paesi in via di sviluppo, dove le condizioni di lavoro spesso non rispettano i diritti dell’uomo e dei lavoratori, stabiliti dalle convenzioni internazionali sulla tutela del lavoro: le dichiarazioni ILO; la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo; la convenzione ONU sui diritti dei bambini; la convenzione ONU per eliminare le forme di discriminazione contro le donne. 


Rappresenta il primo standard internazionale volontario di responsabilità sociale che è possibile sottoporre a revisione (audit) e certificazione, in quanto è un processo indipendente, per la verifica della produzione etica di tutti i beni realizzati da imprese di qualsiasi dimensione e in qualsiasi parte del mondo. La partecipazione degli stakeholder rappresenta il suo elemento chiave; sia nella fase di progettazione, infatti, è stato realizzato in collaborazione con molteplici interlocutori: organizzazioni sindacali, organizzazioni non governative, associazioni che tutelano i diritti umani e dell'infanzia, imprese che investono in modo socialmente responsabile, società di certificazione; sia nella fase di applicazione.


Si basa sul principio della prevenzione, in un’ottica di miglioramento continuo, attraverso il soddisfacimento ed il rispetto di otto requisiti fondamentali relativi a: lavoro infantile, l’azienda non deve utilizzare o dare sostegno all’utilizzo del lavoro infantile; lavoro forzato, l’azienda non deve ricorrere, né deve sostenere, l’utilizzo del lavoro obbligato; salute e sicurezza, l’azienda deve garantire un luogo di lavoro sicuro e salubre e deve adottare le misure adeguate per prevenire incidenti e danni alla salute che possono verificarsi durante lo svolgimento del lavoro o in conseguenza di esso, minimizzando, per quanto sia ragionevolmente praticabile, le cause di pericolo ascrivibili all’ambiente di lavoro; discriminazione, l’azienda non deve attuare o dare sostegno alla discriminazione nell’assunzione, retribuzione, accesso alla formazione, promozione, licenziamento o prepensionamento, in base a razza, ceto, origine nazionale, religione, invalidità, sesso, orientamento sessuale, appartenenza sindacale o affiliazione politica; libertà di associazione, l’azienda deve rispettare il diritto di tutto il personale di formare ed aderire ai sindacati di loro scelta e il diritto alla contrattazione collettiva; pratiche disciplinari, l’azienda non deve utilizzare o dare sostegno all’utilizzo di coercizioni fisiche, mentali, o abusi verbali; ore di lavoro, l’azienda deve conformarsi all’orario di lavoro previsto dalle leggi vigenti, le ore di lavoro straordinario devono essere nei limiti orari e retributivi stabiliti; retribuzioni, l’azienda deve garantire che il salario pagato sia almeno conforme ai minimi retributivi legali, e che sia sempre sufficiente a soddisfare i bisogni primari del personale.


Pertanto, richiede che l’impresa strutturi un vero e proprio modello di gestione sociale, detto Social Management System (SMS), sulla base del quale vengono effettuate verifiche periodiche di parte terza, indipendente. Mira, quindi, a rendere operativo un sistema di governo dell’impresa dinamico ed orientato al miglioramento continuo delle prestazioni, su tutta la filiera, e costituisce un elemento che si presta ottimamente a sostenere quel processo di governance, proprio della responsabilità sociale, che si sviluppa solo se alla base c’è la convinzione che la CSR è una leva competitiva, e come tale deve essere implementata.


Il Social Management System, prevede che la direzione rispetti una serie di comportamenti: che definisca una politica di responsabilità sociale; che rediga un codice di condotta per i fornitori, (la cui adesione può essere anche introdotta come requisito contrattuale discriminante per la loro selezione e la continuità del rapporto); che elegga al proprio interno un rappresentante che assicuri il rispetto dei requisiti richiesti; che definisca procedure, ruoli e responsabilità per la sua gestione; che definisca un piano di comunicazione per gli stakeholder; che predisponga strumenti di coinvolgimento e controllo dei fornitori; che istituisca un data base dei fornitori sulla loro conformità ai requisiti richiesti; che elabori un piano di intervento pluriennale per le procedure di controllo dei fornitori e dei subfornitori; che provveda alla formazione dei propri dipendenti, (è, infatti, fondamentale che essi siano informati sul funzionamento del sistema di gestione, sul meccanismo dei reclami, e sull’attivazione di un sistema per renderlo applicabile); che definisca un meccanismo per eleggere il rappresentante tra i lavoratori; ed infine, che effettui un riesame periodico della propria politica di responsabilità sociale. 


Una struttura di sistema, da applicarsi ciclicamente, attraverso: pianificazione (plan), identificazione delle aree di attività, confronto delle prassi vigenti con i requisiti della SA8000, individuazione delle prescrizioni legislative e dei regolamenti, determinazione degli obiettivi di responsabilità sociale, nomina di un responsabile del sistema gestionale; attuazione (do), ottenimento del consenso della Direzione, coinvolgimento del personale, svolgimento di attività di formazione, comunicazione interna ed esterna dei risultati conseguiti; verifica (check), verifica dell’attuazione delle procedure, esecuzione di audit interni, preparazione per audit esterni di certificazione; miglioramento (act), attuazione di azioni correttive e preventive.


Un elemento particolarmente significativo, è che alcune delle grandi imprese che hanno adottato tale standard sono inserite in importanti filiere che coinvolgono un numero elevato di fornitori e subfornitori. Riflettendo sul fatto che la responsabilità sociale non può che essere una tematica di filiera, infatti poco importa che i diritti umani siano rispettati negli anelli finali della catena dell’offerta se a monte ci si è avvalsi di fornitori non rispettosi dei medesimi principi, ciò significa che tali organizzazioni, applicando un ciclo economico di responsabilità sociale, si pongono l’obiettivo di costruire la tracciabilità sociale dei prodotti e dei servizi offerti, e di migliorare l’intera catena di fornitura.


Fig.1 - La diffusione della SA8000 alla scala globale
Fonte: Elaborazione su dati www.saasaccreditation.org (settembre 2007)

A settembre 2007, sono 1461 le imprese certificate con lo standard SA8000, numero sostanzialmente triplicato negli ultimi tre anni, localizzate in 64 paesi, (Fig.1), ma con una forte concentrazione nei primi sei, (Fig.2), che esprimono 1264 presenze pari all’86,51% del totale e, soprattutto, nei primi tre, Italia, India e Cina con 1095 presenze pari al 74,94% del totale.

L’Italia, mostra una specificità sorprendente, con 701 imprese certificate, il 47,98% del totale, di cui ben 220 localizzate in Toscana, il 15,06% del totale, dovuta ad una forte crescita dell’ottica imprenditoriale di socialità responsabile, probabilmente, anche a seguito delle scelte politiche in ambito regionale, quali ad esempio il programma Fabrica Ethica che, dal 2001, promuove in Toscana la cultura della CSR, sostenendo la certificazione, e proponendo misure che, per le imprese virtuose, abbattono i livelli contributivi ed offrono un maggior punteggio nei bandi. Dunque, offrendo una maggior capacità di sviluppare competitività.

Fig.2 - La concentrazione della SA8000
Fonte: Elaborazione su dati www.saasaccreditation.org (settembre 2007)

A livello comunitario, (Fig.3), le imprese che hanno aderito alla SA8000, con un coinvolgimento di 675.876 lavoratori sono 771, pari al 52,77% del totale.

Fig.3 - La SA8000 alla scala europea
Fonte: Elaborazione su dati www.saasaccreditation.org (settembre 2007)

Tali imprese, sono localizzate in 20 paesi dell’Unione, (Fig.4): Belgio (4), Bulgaria (2), Danimarca (2), Estonia (1), Finlandia (2), Francia (8), Grecia (8), Italia (701, pari al 90,92% del totale dell’Unione), Lettonia (1), Lituania (2), Paesi Bassi (1), Polonia (3), Portogallo (7), Regno Unito (4), Repubblica Ceca (3), Romania (3), Slovacchia (1), Slovenia (1), Spagna (16), Ungheria (1); mentre, in Austria, Cipro, Germania, Irlanda, Lussemburgo, Malta, e Svezia, non risulta presente alcuna impresa certificata.

ipologia
Fig.4 - La diffusione della SA8000 nell’Unione Europea
  Fonte: Elaborazione su dati www.saasaccreditation.org (settembre 2007)

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